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vinta. Già son sicura che gli passerà, son sicura che
tornerà, che conoscerà non essere questa una cosa da
prendere con tanto caldo. E se mi vuol bene davvero,
com egli dice, imparerà a regolarsi per l avvenire con
più discrezione, ché non sono nata una schiava, e non
voglio essere schiava.
BRIGIDA. Signora, una visita.
GIACINTA. E chi è a quest ora?
BRIGIDA. La signora Vittoria.
GIACINTA. Le hai detto che ci sono?
BRIGIDA. Come voleva, ch io dicessi, che non ci è?
GIACINTA. Ora mi viene in tasca davvero: e dov è?
BRIGIDA. Ha mandato il servitore innanzi. È per la
strada che viene.
GIACINTA. Valle incontro. Converrà ch io la soffra. Ho
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Carlo Goldoni - Le smanie per la villeggiatura
anche curiosità di sapere se viene o se non viene in
campagna; se vi è novità veruna. Venendo ella a que-
st ora, qualche cosa ci avrebbe a essere.
BRIGIDA. Ho saputo una cosa.
GIACINTA. E che cosa?
BRIGIDA. Ch ella pure si è fatto un vestito nuovo, e non
lo poteva avere dal sarto, perché credo che il sarto vo-
lesse esser pagato; e c è stato molto che dire, e se non
aveva il vestito, non voleva andare in campagna. Co-
se, cose veramente da mettere nelle gazzette. (Parte.)
SCENA DODICESIMA
Giacinta, poi Vittoria.
GIACINTA. È ambiziosissima. Se vede qualche cosa di
nuovo ad una persona, subito le vien la voglia d aver-
la. Avrà saputo, ch io mi ho fatto il vestito nuovo, e
l ha voluto ella pure. Ma non avrà penetrato del ma-
riage. Non l ho detto a nessuno; non avrà avuto tem-
po a saperlo.
VITTORIA. Giacintina, amica mia carissima.
GIACINTA. Buon dì, la mia cara gioia. (Si baciano.)
VITTORIA. Che dite eh? È una bell ora questa da inco-
modarvi?
GIACINTA. Oh! incomodarmi? Quando vi ho sentita
venire, mi si è allargato il core d allegrezza.
VITTORIA. Come state? State bene?
GIACINTA. Benissimo. E voi? Ma è superfluo il doman-
darvi: siete grassa e fresca, il cielo vi benedica, che
consolate.
VITTORIA. Voi, voi avete una ciera che innamora.
GIACINTA. Oh! cosa dite mai? Sono levata questa mat-
tina per tempo, non ho dormito, mi duole lo stomaco,
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Carlo Goldoni - Le smanie per la villeggiatura
mi duole il capo, figurarsi che buona ciera ch io posso
avere.
VITTORIA. Ed io non so cosa m abbia, sono tanti giorni
che non mangio niente; niente, niente, si può dir qua-
si niente. Io non so di che viva, dovrei essere come
uno stecco.
GIACINTA. Sì, sì, come uno stecco! Questi bracciotti
non sono stecchi.
VITTORIA. Eh! a voi non vi si contano l ossa.
GIACINTA. No, poi. Per grazia del cielo, ho il mio biso-
gnetto.
VITTORIA. Oh cara la mia Giacinta!
GIACINTA. Oh benedetta la mia Vittorina! (Si baciano.)
Sedete, gioia; via sedete.
VITTORIA. Aveva tanta voglia di vedervi. Ma voi non vi
degnate mai di venir da me. (Siedono.)
GIACINTA. Oh! caro il mio bene, non vado in nessun
loco. Sto sempre in casa.
VITTORIA. E io? Esco un pochino la festa, e poi sempre
in casa.
GIACINTA. Io non so come facciano quelle che vanno
tutto il giorno a girone per la città.
VITTORIA. (Vorrei pur sapere se va o se non va a Mon-
tenero, ma non so come fare).
GIACINTA. (Mi fa specie, che non mi parla niente della
campagna).
VITTORIA. È molto che non vedete mio fratello?
GIACINTA. L ho veduto questa mattina.
VITTORIA. Non so cos abbia. È inquieto, è fastidioso.
GIACINTA. Eh! non lo sapete? Tutti abbiamo le nostre
ore buone e le nostre ore cattive.
VITTORIA. Credeva quasi che avesse gridato con voi.
GIACINTA. Con me? Perché ha da gridare con me? Lo
stimo e lo venero, ma egli non è ancora in grado di
poter gridare con me. (Ci gioco io, che l ha mandata
qui suo fratello).
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Carlo Goldoni - Le smanie per la villeggiatura
VITTORIA. (È superba quanto un demonio).
GIACINTA. Vittorina, volete restar a pranzo con noi?
VITTORIA. Oh! no, vita mia, non posso. Mio fratello mi
aspetta.
GIACINTA. Glielo manderemo a dire.
VITTORIA. No, no assolutamente non posso.
GIACINTA. Se volete favorire, or ora qui da noi si dà in
tavola.
VITTORIA. (Ho capito. Mi vuol mandar via). Così pre-
sto andate a desinare?
GIACINTA. Vedete bene. Si va in campagna, si parte
presto, bisogna sollecitare.
VITTORIA. (Ah! maledetta la mia disgrazia).
GIACINTA. M ho da cambiar di tutto, m ho da vestire
da viaggio.
VITTORIA. Sì, sì, è vero; ci sarà della polvere. Non tor-
na il conto rovinare un abito buono. (Mortificata.)
GIACINTA. Oh! in quanto a questo poi, me ne metterò
uno meglio di questo. Della polvere non ho paura. Mi
ho fatto una sopravveste di cambellotto di seta col
suo capuccietto, che non vi è pericolo che la polvere
mi dia fastidio.
VITTORIA. (Anche la sopravveste col capuccietto! La
voglio anch io, se dovessi vendere de miei vestiti).
GIACINTA. Voi non l avete la sopravveste col capuc-
cietto?
VITTORIA. Sì, sì, ce l ho ancor io; me l ho fatta fin
dall anno passato.
GIACINTA. Non ve l ho veduta l anno passato.
VITTORIA. Non l ho portata, perché, se vi ricordate,
non c era polvere.
GIACINTA. Sì, sì, non c era polvere. (È propriamente ri-
dicola).
VITTORIA. Quest anno mi ho fatto un abito.
GIACINTA. Oh! io me ne ho fatto un bello.
VITTORIA. Vedrete il mio, che non vi dispiacerà.
Letteratura italiana Einaudi 53
Carlo Goldoni - Le smanie per la villeggiatura
GIACINTA. In materia di questo, vedrete qualche cosa
di particolare.
VITTORIA. Nel mio non vi è né oro, né argento, ma per
dir la verità, è stupendo.
GIACINTA. Oh! moda, moda. Vuol esser moda.
VITTORIA. Oh! circa la moda, il mio non si può dir che
non sia alla moda. [ Pobierz całość w formacie PDF ]

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